Lamentela VS gratitudine

da | 1 Ott 2019 | Sviluppo personale

Che la lamentela faccia male al nostro cervello ormai è provato scientificamente. E questo vale sia che siamo noi a lamentarci, sia che siano le persone che ci circondano. Bastano 30’ al giorno e muoiono un numero di neuroni che fatichiamo a ricreare. Poi hai voglia a fare cose nuove nella vita per cercare di ricreare nuovi neuroni (vedi questo articolo).

Perché ci lamentiamo? Spesso perché intorno a noi si parla solo di brutte notizie e quindi pensiamo che ci sia solo quello intorno a noi, quindi commentiamo solo quello. Puntiamo il focus su quello che notiamo più spesso ma, come in un circolo vizioso, ciò su cui puntiamo l’attenzione aumenta ancor di più.

Anche il perfezionismo però ci rende delle lamentone: pensare che le cose debbano andare sempre perfette ci fa vedere solo quello che perfetto non è, praticamente tutto, e quindi restiamo deluse dalla mancanza di perfezione e ne parliamo.

Anche cercare di avere tutto sotto controllo ci mette nelle stesse condizioni del punto precedente.

Così come essere poco flessibili, oppure avere delle aspettative alte, oppure fare le vittime. Io fin da piccola pensavo che il mondo ce l’avesse con me (vabbè più che il mondo alcune persone) e quindi riuscivo a vedere solo le evoluzioni negative con quelle persone, quindi mi lamentavo sempre di quello che era accaduto o che poteva accadere. Ci sono voluti anni e ancora oggi, soprattutto quando sono più stanca o un po’ giù di morale, mi capita ancora di vedere tutto nero.

Lamentarsi è stancante.

E non ti fa vedere le cose con lucidità: vedi solo i risvolti che avvalorano le tue lamentele e infatti questo conferma ogni momento di più le tue teorie. Così ogni giorno le cose andranno peggio perché tu crederai sempre di più che sono vere. E magari capita anche che discuti con gli altri. In più una che si lamenta tende ad essere soddisfatta quando ha finito di lamentarsi, soprattutto se la persona con la quale si sta lamentando gli dà corda, e non cercherà una soluzione o di migliorare. Per soddisfatta intendo che, seppur chi si lamenta non è contenta, e per questo si lamenta, il gioco che sta giocando viene soddisfatto semplicemente dal lamentarsi oppure dal trovare qualcuno che avvalori le sue lamentele appoggiandole, per esempio.

Come può essere bella una vita passata a lamentarsi? È una vita piena di cose, persone e situazioni che non piacciono… come se ne può uscire?

Chi è abituata a lamentarsi rinuncia ad essere l’artefice della propria vita, si sveste in sostanza di quella responsabilità che noi tutti dovremmo assumere per tutte le azioni che compiamo e che ci capitano in quanto co-responsabili della nostra vita. Solo quando ci rendiamo totalmente responsabili di ciò che viviamo possiamo agire per cambiare le cose.

Inoltre la visione della vittima, della lamentosa, è di perenne insoddisfazione. Al suo contrario c’è chi riesce non solo ad accettare tutto ciò che gli capita come parte di un processo ma anche ad esserne grata.

Come fare ad accettare tutto? E perché gratitudine?

Se sono responsabile della mia vita cercherò di capire come mai un evento si è verificato e troverò dentro di me la soluzione affinché quella situazione non si verifichi più. Perché quando gli altri ti trattano male, per esempio, continuare a lamentarsi degli altri non serve a nulla, serve invece capire cosa puoi fare tu per non farti più mancare di rispetto. Perché dipende da te, da cosa tu permetti agli altri. E le soluzioni sono dentro di te.

Il perché della gratitudine è presto detto: ogni cosa che ti capita è un segnale di quello che tu hai dentro. Se impari a cogliere questi segnali ogni evento ti aiuta a crescere e migliorare. Essere consapevoli ed esserne grate è la chiave per la nostra evoluzione.

Quindi per passare dalla lamentela alla gratitudine i passi sono:

  • rendersi conto che ci si sta lamentando
  • accogliere la nostra parte insoddisfatta senza criticarci o colpevolizzarci
  • cercare di capire perché è nata dentro di noi quella molla che ha fatto verificare quell’evento
  • trovare almeno un motivo per cui essere grate (anche solo per aver cambiato prospettiva è già un bel passo avanti)
  • trovare una soluzione
  • agire un comportamento diverso la prossima volta.

Ad esempio: lamentarci di non aver tempo per prenderci cura del nostro corpo si può tradurre in: non riesco a trovare del tempo perché non lo ritengo una priorità (importanza ed urgenza) e non sono disposta a fare un sacrificio (eliminare un’altra attività e sostituirla con movimento, preparare i cibi da sé, ecc.). Ora che lo so posso trovare una soluzione (ovviamente prima devo capire l’importanza di questo progetto) e sarò grata di aver avuto l’opportunità di rendermene conto e poter agire.

Attenzione! Diventare responsabili della propria vita significa agire e questo non piace a molte pigrone. Ma di questo ne parleremo ancora.

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